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reginaldo d'orleans
Parlare del beato Reginaldo significa toccare da vicino il cuore di S. Domenico che appena lo conobbe, lo …volle per il suo Ordine, intuendone la grandezza dell’anima e i frutti di bene che sarebbero scaturiti dalla sua opera, ma che ne dovette piangere ben presto la prematura chiamata al Cielo.
“Il Signore ha dato, il Signore ha tolto: sia benedetto il nome del Signore”: l’esclamazione di Giobbe ben si può immaginare sulle labbra del Santo Fondatore, poiché Reginaldo gli era stato restituito guarito da gravissima malattia, per intercessione della Vergine, quando si era legato con voto ad abbracciare la sua Regola, ma gli fu tolto dopo due anni di intensa attività, quando con la predicazione e la testimonianza di vita aveva già aperto un futuro fiorente ai Frati Predicatori nella città di Bologna e aveva gettato il seme di nuovi germogli nella città di Parigi. Quei due anni di vita in più sono stati veramente una copiosa benedizione di Dio sull’Ordine nascente !
Nulla si sa della sua infanzia e della sua famiglia, ma le altre notizie che abbiamo su di lui sono sicure: ci pervengono dalle primitive fonti domenicane. Ci parlano di lui, infatti, Giordano di Sassonia, Gerardo di Frachet e gli Atti del processo di canonizzazione di S. Domenico.
Reginaldo, nato a Saint Gilles d’Orléans verosimilmente nel 1183, nel 1206 era già professore di Diritto canonico all’Università di Parigi.
Scrive Maestro Giordano:
Quello stesso anno - era il 1218 - mentre Maestro Domenico era a Roma, vi giunse, in procinto di passare il mare (per raggiungere la Terra Santa), il decano di Saint-Aignan d’Orléans, Maestro Reginaldo. Era un uomo molto conosciuto, dotto ed illustre per gli incarichi occupati; fra l’altro aveva retto per cinque anni a Parigi la cattedra di Diritto canonico. Orbene, costui, giunto a Roma cadde gravemente ammalato. Maestro Domenico andò alcune volte a trovarlo; e quando lo esortò ad abbracciare la povertà di Cristo e ad entrare nel suo Ordine, ne ebbe libero e pieno consenso e vi si obbligò anzi con voto.
Domenico e Reginaldo si erano capiti: la loro anima apostolica vibrava all’unisono. Il Fondatore presagì quale influsso benefico avrebbe potuto esercitare nell’ambiente universitario quel celebre docente di Diritto ed ebbe la certezza che poteva riporre in lui piena fiducia: infatti lo invierà in seguito alla comunità di Bologna con l’autorità di suo vicario.
Continua, infatti, il medesimo autore:
Egli guarì da quella mortale malattia, ma non senza l’intervento di un miracolo divino. Infatti, mentre bruciava per la febbre, venne da lui in forma visibile la Regina del Cielo e Madre della Misericordia, la Vergine Maria che, ungendogli gli occhi, le narici, le orecchie, la bocca, le reni, le mani e i piedi con un unguento salutare che aveva portato con sé, aggiunse queste parole: « Ungo i tuoi piedi con l’olio santo, affinché essi siano pronti per annunciare il Vangelo di pace». Inoltre gli mostrò l’abito intero del nostro Ordine. Subito egli si sentì guarito e inaspettatamente ristabilito in tutte le sue forze.
…Dopo aver così riacquistata la salute, Maestro Reginaldo, nonostante fosse già legato all’Ordine con Professione, volle compiere il suo progetto di passare il mare.
Evidentemente Domenico ritenne giusto che lui portasse a compimento il viaggio col suo vescovo Manassé di Seignelay, al seguito del quale era partito.
Al suo ritorno, venne a Bologna il 21 dicembre e si diede subito totalmente alla predicazione. La sua eloquenza sembrava un fuoco violento e la sua parola, come fiaccola ardente, infiammava il cuore di tutti gli ascoltatori: non c’era persona che fosse talmente di sasso da poter resistere al suo calore. Bologna tutta intera era allora in effervescenza, perché sembrava che un nuovo Elia fosse sorto.
In quei giorni egli ricevette nell’Ordine molti bolognesi e il numero dei discepoli cominciò a crescere…
Al suo arrivo, però, fra Reginaldo aveva trovato la comunità dei Frati Predicatori in difficoltà; si trovavano a Bologna da un anno appena e vivevano nelle angustie della povertà presso la chiesa di S. Maria della Mascarella, alla periferia nord della città.
Dicono le Vitae Fratrum:
«Era ancora un piccolo gregge e una piantagione recente, così serpeggiò tra i frati un tale scoraggiamento che molti furono tentati di cercare in quale altro Ordine convenisse loro trasferirsi, per timore che il proprio, per la sua novità e poca consistenza, dovesse finire nel nulla. Anzi, due dei religiosi più stimati avevano già preparato le lettere per chiedere di passare in qualche monastero cistercense. Quando fra Reginaldo informò il capitolo di questo fatto, tutti proruppero in gran pianto e in tutti aumentò lo scoraggiamento. Fra Reginaldo alzò gli occhi al cielo, rivolgendosi accorato a Dio in cui ripose tutta la sua fiducia, mentre fra Chiaro cominciò a parlare ai frati e a confortarli con molti argomenti.
Aveva appena finito di parlare, quando giunse, tutto solo, Maestro Rolando da Cremona -
rettore dello studio di Bologna la cui fama negli studi filosofici era universalmente riconosciuta – il quale, mosso dallo Spirito Santo, dato addio al mondo, chiese senza troppi preamboli di venir accolto nell’Ordine.
Allora fra Reginaldo, per la gran gioia, senza aspettare un altro vestito, si spogliò del suo scapolare e glielo impose, mentre il sacrista corse a suonare la campana e i frati intonavano il Veni Creator Spiritus … ; nei frati tornava la fiducia e la tentazione di prima svanì».
L’eloquenza e il prestigio del celebre professore francese colpivano gli animi, ma ciò che li convinceva era la forza della sua testimonianza: sacerdote, maestro di Diritto, docente all’Università parigina, egli apparteneva all’ambiente sociale dei suoi ascoltatori, che potevano meglio di altri capire il “salto” di qualità da lui compiuto scegliendo la radicale povertà evangelica propostagli da quel Predicatore spagnolo ancora sconosciuto ai più. Aveva abbandonato una brillante carriera per condividere la vita penitente di quel piccolo gruppo di novelli apostoli, ma la gioia che gli era cresciuta dentro era diventata contagiosa.
Si legge ancora negli scritti di fra Giordano:
Una volta fra Matteo che lo aveva conosciuto fra gli onori e le comodità del mondo, gli domandò pieno di meraviglia: «Per caso, non provate qualche rimpianto, Maestro, per aver preso quest’abito?» E lui abbassando la testa, rispose: «Io credo di non guadagnare nessun merito vivendo in quest’Ordine, perché ci ho sempre trovato troppa gioia».
E le Vitae Fratrum ci raccontano la storia di «Maestro Moneta, celebre in tutta la Lombardia per il suo insegnamento alla Facoltà delle Arti, il quale vedendo tante vocazioni, incominciò a temere di cadere egli stesso preda di quel religioso, se mai lo avesse udito predicare».
Fece il possibile per non udirne l’ardente predicazione, ma finì per essere trascinato dai suoi stessi studenti alla predica che fra Reginaldo teneva per commemorare il martire Santo Stefano.
«… la chiesa era così gremita che non poterono entrarvi. Moneta dovette perciò restare fuori, ma gli giungeva la voce e ne fu conquistato fin dalle prime parole. “Ecco – diceva – vedo i cieli aperti. Sì, oggi veramente i cieli sono aperti per potervi entrare.
Chiunque lo voglia può entrarvi, perché le porte sono spalancate.
Riflettano e si scuotano gli infelici negligenti, che chiudono il loro cuore, la loro bocca e le loro mani a Dio; temano che Dio non chiuda loro il regno dei cieli e ve li escluda.
Perché allora carissimi indugiate? Ecco: i cieli sono aperti”».
Maestro Moneta non indugiò affatto: «Finita la predica,, vinto dalla Parola di Dio, corse da fra Reginaldo e fece nelle sue mani la Professione», anche se a causa dei suoi impegni non potè immediatamente vestire l’abito. Inoltre «…compensando al gran numero di persone che aveva fino allora distolte dalla predicazione, molti ne induceva ora non solo ad andare alla predica ma ad entrare nell’Ordine. Li accompagnava alle prediche lui stesso e persuadeva ora l’uno ora l’altro ad entrare nell’Ordine e pareva che con ciascuno di loro egli stesso rinnovasse la sua professione.»
Fra i primi che a Bologna subirono il fascino di fra Reginaldo vanno ricordati fra Rodolfo da Faenza che era rettore della chiesa di S. Nicolò e la giovane Diana degli Andalò, i quali, in modi diversi, contribuirono a dotare di una dimora stabile i figli di S. Domenico.
Infatti nella primavera del 1219 la primitiva comunità bolognese, guidata da fra Reginaldo, si trasferì presso la chiesa di S. Nicolò delle Vigne donata loro dal vescovo Enrico di Fratta ed il loro insediamento fu molto facilitato dal fatto che il cappellano della predetta chiesa, uomo buono e timorato di Dio, aveva rinunciato a tutto per amore dell’Ordine e si era fatto frate - ci dicono le Vitae Fratrum.
La piccola chiesa, a sud-est della città, era contornata da quattro ettari di terreno di proprietà di Pietro Lovello, nonno di Diana la quale, ormai decisa a cambiar vita e spiritualmente attratta dalla predicazione di quei frati, usò tutta la sua tattica e il suo affetto per ottenere dal potente nonno quel terreno su cui doveva sorgere il convento, dopo che in un primo approccio fra Reginaldo aveva ricevuto un netto rifiuto. Pietro Lovello, infatti, accontentò la nipote e quando S. Domenico nell’estate di quello stesso anno venne a Bologna trovò nel Convento di S. Nicolò una grande comunità di frati, governati sotto la disciplina di Cristo dalle cure solerti di fra Reginaldo, - asserisce Giordano di Sassonia.
Queste cure solerti comprendevano una vigilanza accurata perché non passasse senza punizione la pur minima infrazione alla povertà e perché le lotte spirituali suscitate dal demonio nei frati venissero superate con la fortezza nella perseveranza. Il mezzo usato per ottenere vittoria era l’uso della disciplina, lo strumento penitenziale che faceva parte delle austerità praticate o per scelta volontaria o come punizione medicinale inflitta dal superiore per certe infrazioni alla Regola.
Si legge nelle Vitae Fratrum: «I frati di Bologna erano soliti, dopo Compieta, disciplinarsi fortemente….Uno studente frivolo e dissoluto, avendoli visti da un’apertura, chiamò un compagno dicendogli:- Io ora vengo dai più pazzi uomini del mondo, dai Frati Predicatori, che si flagellano e si picchiano come somari.- Ma quello, avendoli visti la sera dopo, esclamò:- Se questi uomini che sono santi, si flagellano e si torturano in tal modo per il Signore, che cosa dovrei fare io che sono invece un peccatore?- E così, illuminato da Dio, entrò anch’egli nell’Ordine.
Si legge anche che fra Reginaldo inflisse tale disciplina ad alcuni frati tentati dal demonio, chiedendo contemporaneamente l’insistente preghiera di tutta la comunità riunita in capitolo, ed ottenne che ne fossero liberati.
San Domenico trovò dunque un convento pieno di vitalità e popolato di uomini “scelti”: sacerdoti maturi e sperimentati, religiosi convinti, studenti generosi. Incontrò Diana di Andalò, che fece voto nelle sue mani di consacrarsi a Dio, essendo testimoni fra Reginaldo e fra Rodolfo, e capì che anche nell’ambiente femminile della città non mancava l’appoggio per i suoi frati. Prima di partire, in vista del consolidamento dell’Ordine il Fondatore prese una decisione sconcertante secondo le vedute umane.
Scrive il beato Giordano:
“Ma egli trasferì fra Reginaldo da Bologna a Parigi. Ci fu allora gran desolazione fra quei figli ch’egli recentemente aveva generato a Cristo mediante la parola del Vangelo; e piansero per essere stati staccati così presto dal petto della pia madre, cui erano avvezzi. Ma tutto ciò avveniva per ispirazione divina.
Fra Reginaldo, di santa memoria, giunse dunque a Parigi e con infaticabile zelo si mise tosto a predicare, con la parola e con l’esempio, Gesù Cristo Crocifisso.”
Nell’autunno del 1219 dunque, fra Reginaldo tornò, povero frate mendicante, nella città che l’aveva conosciuto insigne professore e con l’ardore vibrante che lo rendeva tanto simile a Domenico, diede pubblica testimonianza del suo amore a Dio e della felicità che regnava nel suo animo.
Frutti conosciuti di questa predicazione, durata pochi mesi, furono appunto fra Giordano stesso ed il suo amico fra Enrico, futuro priore di Colonia, che fecero voto nelle sue mani di entrare nell’Ordine, convinti di aver trovato una via sicura di salvezza; a loro, poi, si unirà anche un terzo compagno, fra Leone. Ma quando entrarono effettivamente nel convento di san Giacomo a Parigi, il mercoledì delle ceneri del 1220 – 11 febbraio - fra Reginaldo era già morto da una decina di giorni.
Narrano le Vitae Fratrum:
«Il venerabile padre fra Matteo, per lungo tempo Priore a Parigi,raccontò che quando fra Reginaldo, di santa memoria, fu vicino a morire, andò da lui a pregarlo di amministrargli l’Unzione degli infermi, dato che sentiva prossima l’agonia e la morte.
E aggiunse: “Io l’agonia non la temo, ma l’aspetto con gioia,, perché la Madre della Misericordia mi unse a Roma: perciò in lei confido e da lei vado con molto desiderio. Tuttavia affinché non sembri che io disprezzi questa unzione della Chiesa, mi piace e la domando”.
Fra Giordano annota:
Il Signore lo tolse presto da questa terra. Giunto al suo termine, compì in breve tempo una lunga carriera. Dopo poco tempo cadde, infatti,ammalato e, giunto a morte, si addormentò nel Signore volandosene verso le ricchezze della gloria della casa di Dio, lui che da vivo si era sempre dimostrato amante risoluto della povertà e del nascondimento.
Fu sepolto nella chiesa di Notre Dame des Champs, – che era dei Benedettini e dove ancora riposano le sue spoglie – dato che i frati non avevano ancora un luogo proprio per la sepoltura.
La stessa notte in cui lo spirito di quel santo uomo se ne volò al Signore, io ebbi una visione: mi sembrò di vedere dei Frati trasportati per acqua su di una nave. Questa affondò, ma essi uscirono incolumi dall’acqua.
Io penso che questa nave raffigurasse fra Reginaldo, che allora veniva considerato dai frati come loro sostegno.
La notizia di questa morte raggiunse S. Domenico a Roma, mentre si preparava a convocare i frati a Bologna per il giorno di Pentecoste, perché partecipassero a quel primo Capitolo generale che doveva fissare le Leggi costitutive del nuovo Ordine.
Il suo dolore fu certamente grande, come grande era stata la speranza riposta in quell’uomo, che egli aveva amato e stimato: forse augurò anche a se stesso una morte serena come la sua, ma soprattutto fu certo di avere in Cielo un protettore in più!
Il culto del beato Reginaldo, ininterrotto fin dalle origini dell’Ordine, fu riconosciuto da papa Pio IX l’8 luglio 1875.
Ordine dei Predicatori
Provincia San Tommaso d'Aquino in Italia
Curia Provinciale - Convento Madonna dell’Arco - 80048 Sant’Anastasia (NA)
Tel +39 081.89.99.111 - Fax +39 081.89.99.314 - Mail: info@domenicani.net
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